La terapia rigenerativa parodontale
È composto da
quattro tessuti principali (Figura 1):
I. il complesso gengivale
II. il legamento parodontale,
III. il cemento radicolare,
IV. l’osso alveolare .
La funzione principale del parodonto è di garantire l’attacco del dente al tessuto osseo di mascella
e mandibola.
L’obiettivo principale della parodontologia è mantenere in buono stato di salute la dentatura
naturale del paziente. In particolare, possiamo dire che i risultati reali sono:
I. Capacità di masticare;
II. Assenza di dolore o fastidio;
III. Estetica;
IV. Miglioramento della prognosi (cioè minore perdita di denti a lungo termine).
La malattia parodontale
Il termine “Malattia parodontale” indica le patologie del parodonto. La causa principale di questo
insieme di malattie sono i batteri, che colonizzano le superfici dei denti sotto forma di placca e
tartaro. Con un’azione lenta, i batteri inducono una progressiva perdita del tessuto di supporto dei
denti, con formazione di una “tasca parodontale” (figura 2), cioé di uno spazio tra il dente e la gengiva.
Quest’ultima, infatti, non ha variato la sua posizione, mentre il legamento parodontale è diminuito in
altezza.
Quando la malattia parodontale ha causato una perdita del tessuto di supporto (Figura 2), la
migliore terapia sarebbe ovviamente riportare anatomicamente e strutturalmente questa struttura allo
stato precedente la malattia, ovverosia ottenere una restitutio ad integrum. Questo tipo di risultato è
stato ampiamente ricercato e in parte anche ottenuto dalla ricerca in ambito parodontale.
La chirurgia rigenerativa parodontale
La terapia parodontale rigenerativa consente di mantenere in bocca denti che altrimenti
andrebbero tolti immediatamente o cadrebbero da soli col passare del tempo. Infatti, questa tecnica
consente di:
1. Diminuire la profondità della tasca, consentendo un miglior mantenimento igienico, e quindi
aumentare la probabilità che quel dente non abbia problemi in futuro.
2. Una riduzione della recessione tramite un incremento del tessuto di supporto (complesso
gengivale, cemento radicolare, legamento parodontale ed osso alveolare).
La differenza sostanziale con le terapie tradizionali è la possibilità non solo di arrestare la malattia
parodontale ma anche di conseguire una parziale (e in alcuni casi anche totale) restitutio ad integrum
dell’apparato di supporto del dente. Con le terapia tradizionale si arresta la malattia, ma si lasciano i
danni da essa procurati nel tempo. È importante sottolineare che non tutti i problemi parodontali
possono essere risolti con la terapia rigenerativa, ed è quindi importante valutare bene ogni singolo
difetto parodontale per capire bene se ha un potenziale rigenerativo oppure no.
Tecniche chirurgiche rigenerative
La piú prestigiosa societá scientifica in parodontologia, l’American Academy of Periodontology, ha definito il termine rigenerazione come “la riformazione o ricostituzione di una parte persa o lesa col risultato di ottenere nuovamente l’architettura e la funzione dei tessuti che hanno subito la perdita o la lesione”. In ambito parodontale, la rigenerazione parodontale è definita come la rigenerazione dei tessuti di supporto del dente, che includono il cemento, il legamento parodontale e l’osso alveolare.
Nei passato sono state proposte molte tecniche rigenerative. Alcune hanno dimostrato la loro efficacia; altre sono state abbandonate perché evidentemente prive di risultati, per altre ancora i dati
sono tuttora discussi. Volendo riassumere le tecniche che hanno dato dimostrazione di poter dare rigenerazione abbiamo:
1. La rigenerazione tissutale guidata (GTR, dall’inglese Guided Tissue Regeneration,) mediante l’uso
di membrane.
2. L’uso di biomateriali da innestare all’interno del difetto intraosseo.
3. La combinazione delle tecniche ai punti 1 e 2, cioè l’uso di un materiale da innesto contemporaneamente a una membrana.
4. L’uso di fattori molecolari inducenti la rigenerazione parodontale, come i derivati della matrice dello smalto (EMD, dall’inglese Enamel matrix derivative,).
5. La combinazione delle tecniche ai punti 1 e 4, cioè uso di EMD e un materiale da innesto.
Tratteremo ora nello specifico la prima tecnica, la rigenerazione tissutale guidata.
La rigenerazione guidata dei tessuti
La rigenerazione guidata dei tessuti (GTR,
dall’inglese guided tissue regeneration) prende avvio da
una intuizione di un ricercatore di nome Melcher nel
lontano 1976. Per spiegare la sua teoria partiamo da una
piccola premessa.
Qualsiasi ferita del corpo, quando guarisce, subisce
varie trasformazioni. Prima di tutto si forma un coagulo
di sangue. Questo coagulo, maturando, viene colonizzato
da cellule dei tessuti circostanti che andranno a riparare
la zona danneggiata. Secondo Melcher, quando guarisce
una ferita vicino ad un dente le cellule circostanti che possono colonizzare il coagulo sono di 4 tipi (figura 3):
1. cellule epiteliali
2. cellule del connettivo,
3. cellule del tessuto osseo
4. cellule del legamento parodontale.
Tutti sappiamo che un piccolo taglietto sulla pelle rimargina senza lasciare traccia, mentre se uno si taglia un dito, la ferita guarisce ma il dito non ricresce. Una ferita parodontale, quando guarisce, non ritorna alla situazione originale: l’osso perso non si riforma, la gengiva cresce rapidamente lungo la radice con una guarigione che si definisce riparativa, cioè con degli esiti. L’ipotesi di Melcher è che mettendo una barriera fisica tra il coagulo e i tessuti molli (da dove possono provenire le cellule del tipo 1 e 2) si favorisce la colonizzazione del coagulo da parte di cellule del tessuto osseo e del legamento parodontale (tipo 3 e 4), che sono quelle che ci interessano poiché permettono il miglioramento certo delle condizioni di salute del dente.
Sulla base di questo principio le tecniche rigenerative fanno uso di membrane semipermeabili (che permettono il passaggio di acqua e piccoli soluti ma non di cellule) che si posizionano sulla zona da rigenerare a garantire la formazione di nuovo apparato di sostegno del dente.
Le membrane che si usano per questo tipo di interventi possono essere riassorbibili o non riassorbibili. Le prime vengono “digerite” dagli enzimi dell’organismo, mentre le seconde sono di un materiale inerte che rimane inalterato nel tempo. Le membrane riassorbibili non devono essere
rimosse, ma hanno un limite nella quantità di rigenerazione che si può ottenere. Le membrane non riassorbibili invece vanno rimosse una volta che la rigenerazione è avvenuta. Lo svantaggio dovuto alla
necessità di un secondo intervento per rimuovere la membrana è controbilanciato dal fatto che, in casi molto complessi permettono di ottenere risultati che l’altro tipo di membrane non consente di
raggiungere.
La rigenerazione ossea guidata
Sulla scia dell’intuizione di Melcher si sviluppò un’altra modalità di
rigenerazione finalizzata alla ricostruzione di osso. Quando non ci
sono piú i denti, è necessaria una quantitá di osso minima se si
vuole sostituirli con una protesi fissa su uno o piú impianti.
Ricordiamo che l’implantologia (figura 4) è la branca
dell’odontoiatria che fa uso di viti in titanio (un metallo) per la
sostituzione di denti mancanti. Queste viti in titanio si inseriscono
nell’osso, e dopo alcune settimane di guarigione possono essere
usate come ancoraggio per le protesi dentali. Quando l’osso nella
zona in cui dobbiamo inserire gli impianti è insufficiente per
posizionarli correttamente è possibile ricorrere alle tecniche
rigenerative. La rigenerazione ossea guidata (GBR, dall’inglese guided
bone regeneration) è una delle tecniche che permettono di ottenere
i volumi adeguati di osso dove inserire i nostri impianti.
Analogamente alla GTR, da cui è nata posteriormente, è necessario posizionare una membrana
semipermeabile, che isoli il coagulo dalle cellule dei tessuti molli e permetta la colonizzazione dello
stesso da parte di cellule provenienti dal tessuto osseo, con formazione di nuovo osso.
Caso Clinico
Le foto seguenti illustrano un caso clinico esemplificativo del trattamento con GBR e impianti.
vedere fuoriuscire dall’osso).
Figura 8 - Si posiziona una membrana (in questo caso non riassorbibile) per isolare dai tessuti molli la zona in cui ci interessa che ad avvenuta
guarigione del coagulo ci sia nuovo osso.
Figura 9 - Chiusura della gengiva con dei punti di sutura. Una buona chiusura è fondamentale per la corretta guarigione senza complicazioni.
Figura 10 - A una settimana si può notare come la guarigione
dei tessuti molli sia ottima.
Figura 11 - Dopo alcuni mesi dal primo intervento, si riapre la
zona interessata per rimuovere la membrana non riassorbibile.
Figura 12 - Rimossa la membrana è possibile apprezzare,confrontando questa immagine con quella della figura 7, lapresenza di osso rigenerato che ha coperto completamente le spire degli impianti inizialmente esposte.
Figura 13 - gli impianti caricati con provvisori in resina.